Bambini a scuola con visori VR

Di questi tempi, spesso si sente parlare di “realtà virtuale”, “realtà artificiale”, “cyberspazio” e tanti altri termini tecnici non sempre chiari a chi legge.
Tutte queste tecnologie, simili ma diverse, hanno un potenziale ineguagliabile dal punto di vista formativo e istruttivo.
I sistemi per la Realtà Virtuale (VR) sono composti da supporti fisici (componenti hardware, come visori o joystick per il movimento) e da programmi digitali (componenti software, come Google Earth o un qualsiasi videogioco), all’interno dei quali si svolge l’azione simulata.
Ma come può essere usata la tecnologia VR per imparare?
Le studiose Sandra Helsel e Veronica Pantelidis hanno dato una loro prospettiva (ormai di rilievo più storico) sull’istruzione mediata dal VR.

Realtà Virtuale, Artificiale e Cyberspazio

Come abbiamo detto, spesso si utilizzano i termini di realtà “virtuale”, “artificiale” e di “cyberspazio” un po’ come sinonimi.
Questo perché l’effetto finale è sostanzialmente lo stesso: l’utente si trova immerso in un mondo nuovo, astratto e distaccato da quello reale.
A cambiare sono proprio “le regole del gioco”, ossia il modo con cui una persona interagisce con questo mondo.
Spieghiamoci meglio:

La Realtà Virtuale

La Realtà Virtuale (VR), secondo la definizione dello studioso Michael Spring, è “un’interfaccia uomo-macchina caratterizzata da un ambiente simulato, controllato solo in parte dall’utente“.
Essa richiede un certo grado di immersione (attraverso un display montato sulla testa, un visore), potenzialità di navigazione (attraverso sistemi di tracciamento del movimento, come i giroscopi) e di manipolazione (attraverso degli appositi guanti digitali, detti datagloves).
Un esempio concreto può essere rappresentato dai moderni sistemi per l’intrattenimento, come Playstation VR, Oculus Rift e HTC Vive, che dispongono di un visore e fanno uso di joystick per interagire con il mondo virtuale.

La tecnologia Playstation VR, dotata di un visore e del controllo tramite Joystick.


La Realtà Artificiale

La Realtà Artificiale, sempre secondo Michael Spring, è invece
un ambiente interattivo che enfatizza la partecipazione in eventi digitali in maniera facilitata, multisensoriale, con l’utilizzo di tutto il corpo“.
La prima implementazione di questo sistema è stato Videoplace (1985) dell’artista digitale Myron Krueger.
Questo sistema include un insieme di sensori in grado di recepire i movimenti del partecipante, replicandoli in un ambiente digitale (per esempio, per disegnare o scrivere senza tastiera).

Il primo esperimento di Myron Krueger, Videoplace (1985).


Il Cyberspazio

Il Cyberspazio, sempre secondo Spring, è “uno spazio in cui il sistema nervoso umano, i sistemi di comunicazione elettro-meccanici e i sistemi di calcolo sono collegati tra loro“; dunque, un’interconnessione tra l’uomo e la macchina direttamente a livello neuronale.
Questo è il più profondo livello di immersione che un utente può raggiungere, e si può capire quanto invasivo esso sia nei confronti di chi ne fa uso.
Un esempio concreto, sempre a tema videoludico, lo troviamo in Assassin’s Creed, prodotto da Ubisoft; all’interno di questo titolo, il personaggio principale si trova ad immergersi nei ricordi dei suoi antenati attraverso uno strumento di cyberspazio, l’Animus. Questo VR gli permetterà di imparare, di acquisire più facilmente e più profondamente i ricordi e le capacità fisiche di un vero assassino.

Sequenza tratta dal film Assassin’s Creed (2016), regia di Justin Kurzel, in cui il protagonista Callum (Michael Fassbender) viene introdotto nel cyberspazio dell’Animus.


Le caratteristiche del VR

Per comprendere la vastità di opportunità che il VR offre, è necessario analizzare le sue tre caratteristiche fondamentali: il controllo esercitabile dall’utente, la natura della realtà, e la naturalezza dell’interazione.

Il controllo

Il controllo da parte dell’utente può essere di diversi livelli:

  • Alto livello: l’utente ha il pieno controllo sul programma; è in grado di modificare gli elementi e di interagire in maniera libera con ognuno di essi.
    Questa “maneggevolezza” permetterebbe ad un singolo insegnante di personalizzare la propria esperienza simulata, rendendo ogni realtà virtuale unica e adatta ai bisogni dei propri studenti.

  • Medio livello: l’utente ha un controllo parziale sul programma; è in grado di interagire con il sistema ma non può modificarne le parti.
    Un esempio può essere l’interazione con una intelligenza artificiale (come Alexa o Siri) a cui si possono fare delle richieste, ma di cui non è possibile modificare la programmazione.
    Sfruttando questo modello, un insegnante potrebbe, per esempio, usufruire di un programma già strutturato di simulazione di un evento storico, e far interagire gli studenti con i personaggi dell’epoca.

  • Basso livello: l’utente non ha alcun controllo sul programma, e l’intelligenza artificiale non accetta alcuna istruzione esterna.
    Un esempio lo si ha nei film o serie Tv fantascientifiche in cui i computer si ribellano agli uomini (come il computer di bordo Hal in 2001: Odissea nello Spazio di Stanley Kubrick).
    Naturalmente, il basso livello non permette alcun tipo di interazione, ma può essere comunque utile: si potrebbe per esempio implementare come un documentario a 360 gradi. Così, anche senza poter interagire con il mondo virtuale, uno studente vi si troverebbe immerso, stimolando il suo interesse.

La Natura della Realtà

Per “natura della realtà” si intende il sistema di leggi fisiche che regola il mondo virtuale.
Questo aspetto è importante perché permette a chi programma e, soprattutto, a chi ne fa uso, di stabilire un mondo realistico, che rispetti le norme fisiche della realtà che ci circonda; oppure, al contrario, di costruire un mondo totalmente bizzarro, che si distacca da qualunque legge della fisica conosciuta.
Quello che ci interessa di questo aspetto, in questa sede, è l’infinita serie di possibilità di creazione di mondi e realtà alternative.
Per esempio, la tecnologia VR può essere usata per imparare o studiare gli effetti fisici di esperimenti non replicabili in laboratorio (ad esempio, una passeggiata sulla Luna).

Bambina usa visore VR per passeggiata sulla Luna.
Una bambina intraprende una passeggiata sulla Luna con un visore VR.
Foto di “esploriamoluniverso.com“.

La naturalezza dell’interazione

La naturalezza dell’interazione rappresenta il sistema con cui l’utente agisce e reagisce all’interno del mondo virtuale.
Il livello di interazione a cui siamo abituati nell’uso quotidiano dei computer è innaturale, dato che è lo spostamento del mouse a rappresentare l’effettivo movimento del cursore.
Un’evoluzione intermedia alla “naturalezza” può essere il touch screen di uno smartphone, dove il tocco di una parte dello schermo corrisponde ad un’interazione con il programma.
L’interazione più semplice e “naturale”, per esempio, avviene con il movimento di una mano o di una parte del corpo per compiere un’azione (nella realtà artificiale, ad esempio, camminando sul posto si può percorrere una certa distanza nel mondo virtuale).

L’uso dei dataglove permette un’interazione con il mondo virtuale più naturale e spontanea.
Foto di “ninjatronico.it“.

VR per imparare

Come sfruttare, dunque, tutte le potenzialità del VR per imparare? Come implementare queste tecnologie per stimolare gli studenti a scoprire il mondo che ci circonda?
Le studiose Sandra Helsel e Veronica Pantelidis hanno provato a delineare un panorama di possibili implementazioni del VR all’interno dell’apprendimento.
Sebbene i loro articoli risalgano al 1992/1993, e dunque possiedano un rilievo più storico, le loro intuizioni sono ancora molto attuali.

I panorami del VR

Secondo Veronica Pantelidis, i sistemi VR potrebbero essere utilizzati dagli insegnanti e dagli studenti per esplorare luoghi del nostro pianeta a cui solitamente non si potrebbe avere accesso (ad esempio, una grotta sottomarina).
Oppure luoghi inospitali e che altrimenti non sarebbero esaminabili (ad esempio, la superficie di Marte).
In alternativa, invece di creare un mondo totalmente virtuale, usare uno strumento comandato da remoto per esplorare la natura che ci circonda (ad esempio un drone, o il Rover che viene usato dalla NASA per le missioni spaziali).

Oppure ancora, sfruttando le infinite possibilità di un mondo programmato interamente dall’uomo, si potrebbe creare una realtà alternativa con qualità e caratteristiche totalmente nuove (ad esempio, un mondo in cui la gravità è nulla).

Si potrebbe, inoltre, sfruttare le conoscenze, le memorie e le banche dati di tutto il mondo per creare una rappresentazione simulata di un determinato periodo storico.
Questo permetterebbe agli studenti di interagire, parlare e confrontarsi con i grandi personaggi della storia.
Questo aspetto in particolare, sottolinea la Halsel, richiederebbe uno sforzo da parte di varie figure professionali, dagli storici agli psicologi, per definire e delineare un livello di complessità di interazione sempre maggiore.

Ottimizzare l’uso del nostro cervello

Inoltre, Sandra Helsel evidenzia come gli infiniti collegamenti possibili da un elemento all’altro della realtà simulata permetterebbero ad un utente di addentrarsi sempre di più nella comprensione di un fenomeno o di un argomento.
Soprattutto, il punto di forza del VR che la Helsel mette in risalto è l’alto numero di informazioni trasferibili ad uno studente, per lo più in formato visivo.
Infatti, la Helsel riporta gli studi di Larry Smarr, direttore del National Center for Supercomputing Applications, presso la University of Illinois:

“Osservando il mondo, noi assorbiamo l’equivalente di un miliardo di bit di informazione al secondo, praticamente come 1’000 copie di un magazine. Tuttavia, il nostro “elaboratore di testo” mentale è limitato al fatto di poter leggere più o meno 100 caratteri per secondo”.

Larry Smarr

L’insegnamento, dunque, potrebbe avvenire non solo attraverso i metodi tradizionali, ma anche attraverso nuovi sistemi e nuovi simboli, che nella realtà simulata acquisiscono nuovi significati (per esempio, i colori del semaforo, che indicano “stop” e “go“, potrebbero essere utilizzati come segnali di conferma o negazione di una determinata azione).
Anche le dimensioni e le proporzioni degli oggetti potrebbero essere sfruttate per indicare la maggiore o minore quantità di informazioni che essi contengono (ad esempio, un’immagine che si espande può significare “scopri di più”).
Di conseguenza, immergendosi in un nuovo mondo VR, non solo si è in grado di imparare nuovi concetti, ma anche nuove modalità di interazione con il mondo.

Strumenti e progetti

Un’evoluzione della didattica nell’ambito cross-mediale si comincia ad avere con i libri integrati da formati online, o con contenuti aggiuntivi disponibili tramite computer.
Ma il passo auspicato dallo studioso Stephen Marcus è quello di “smart books“, “virtual books” e “virtual papers“, ossia dei libri integrati da collegamenti ad altre fonti, e integrabili da ogni utente come co-autore (un esempio noto è l’enciclopedia digitale Wikipedia). Secondo Marcus, questo fenomeno può portare all’aumento della tendenza alla lettura e scrittura da parte degli studenti.

Conclusioni

Gli studi delle due ricercatrici si auspicavano che questi scenari, così avanguardistici e utopici per l’epoca, potessero diventare realtà.
Al giorno d’oggi, assistiamo ad una realizzazione a metà di queste speranze: gli strumenti digitali stanno cominciando ad integrare la didattica tradizionale, anche se ancora distanti dal panorama interattivo della “scuola VR”.
Quello su cui si può e si deve continuare a lavorare sono le implementazioni di programmi VR per imparare, siano essi pensati per la scuola o per il puro intrattenimento.
In conclusione, è fondamentale che questi progetti tecnologici vadano di pari passo con la qualità dei contenuti, dei programmi e dei sistemi utilizzati; per creare una didattica nuova per gli studenti, più ricca ed “esperienziale”, per dar loro gli strumenti per costruire un futuro migliore.

Fonti

Sandra Helsel, principal presso Infinite Media a Dublin, California, ed editor di Virtual Reality Report e Multimedia Review.
S. Helsel, Virtual Reality and Education, in “Educational Technology“, vol. 32, n. 5, Maggio 1992, pp. 38-42, in “jstor.com“.

Veronica S. Pantelidis, associate professor presso il Department of Library Studies and Educational Technology della East Carolina University, a Greenville, North Carolina.
V.S. Pantelidis, Virtual Reality in the Classroom, in “Educational Technology“, vol. 33, n. 4, Aprile 1993, pp. 23-27, in jstor.com“.