Effetti sull'empatia - negativi

In molti, fra studiosi e non, sostengono che la tecnologia VR abbia effetti sull’empatia. Perché la vicinanza fra questo sentimento umano e la realtà virtuale rappresenta, secondo alcune persone, un qualcosa di negativo?

Nell’articolo Realtà virtuale ed effetti sull’empatia – PART I abbiamo iniziato a parlare del rapporto esistente fra VR ed empatia. Si è affermato che vari esperti del settore ritengono la realtà virtuale capace di stimolare positivamente l’uomo. Grazie alle capacità immersive di questi strumenti è infatti possibile abbattere barriere fisiche e mentali. Si può intervenire sul modo di pensare e comportarsi di un individuo e anche scoprire una nuova sensibilità nei confronti di quello che c’è al di fuori di noi e che è diverso.

Nell’articolo di oggi riprendiamo questo discorso e lo proseguiamo analizzando posizioni non prese in considerazione la settimana scorsa.

Come facilmente intuibile, a generare scetticismo è l’influsso che la tecnologia VR può esercitare sulla mente e sull’atteggiamento abituale delle persone.

Quali effetti sull’empatia non abbiamo ancora riportato? Ve ne sono di negativi?

La coscienza dell’illusione

E. Ramirez, professore di filosofia all’università di Santa Clara, si distanzia decisamente dalle posizioni entusiaste descritte nella precedente pubblicazione.

Nonostante anch’egli speri che il VR ci permetta di essere persone diverse, meno egoiste e più empatiche con il prossimo, è convinto che tale esito sia improbabile. E ciò non perché l’essere umano sia per natura destinato all’individualismo. Piuttosto perché la realtà virtuale, che spesso sembra configurarsi come una tecnologia senza alcun tipo di confine, è dotata di limiti.

Ramirez sostiene che le tecnologie immersive abbiano si la capacità di inserirci in una realtà alternativa, ma che nel farlo non ci riescano del tutto. Per quanto dettagliata e complessa possa essere la realtà artificiale creata dagli sviluppatori, essa fallisce nell’intento di replicare in toto l’esperienza vissuta da colui nei panni del quale vogliamo immedesimarci. Quindi, nonostante la realtà virtuale cerchi (in alcuni casi) di specchiare il nostro mondo, essa rimane un costrutto, un artificio distante dal vero (il tema dell’impossibilità dell’immedesimazione integrale è trattato anche nel saggio di T. Nagel intitolato “Cosa si prova a essere un pipistrello”. Di seguito è proposta un’analisi).

L’aspetto appena descritto rappresenta un limite nel momento in cui una persona ne ha consapevolezza. La coscienza della “falsità”, infatti, inibisce significativamente le capacità di immersione del VR.

La consapevolezza dell'illusione modifica la portata degli effetti sull'empatia. Proprio come accade quando si scopre ciò che ci cela dietro un trucco di magia.

Due sono le conseguenze negative da inserire fra gli effetti sull’empatia.

Comportamento artificioso

In primis il soggetto agente si comporta innaturalmente. Se la persona, indossando il visore, ha ben presente che il suo avatar, o che il contesto in cui si trova, sono fittizi, si comporta diversamente da quanto farebbe nella realtà (o in una simulazione nella quale è meno conscio di questa illusione).

Significato scorretto

In secondo luogo possiamo parlare invece di veri e propri fallimenti comunicativi. Ipotizzando di star svolgendo un’esperienza volta al miglioramento dell’empatia, il sapere che si tratta di astrazione potrebbe causare un’errata percezione del vissuto in cui si è coinvolti.

Al posto di sensibilizzare la persona, ad esempio, si potrebbe ottenere l’effetto opposto. Un evento che voleva essere fatto percepire come emotivamente intenso (magari traumatico) non lo è più, viene svuotato. Potrebbe addirittura essere accettato o non ritenuto così grave come sembra dall’esterno.

Ramirez sostiene che la realtà virtuale, più che farci provare empatia, possa suscitare in noi un sentimento di compassione.

La manipolazione pubblicitaria

Il mondo del marketing sa che la realtà virtuale può fare la differenza anche in termini economici. Molti sono i paesi cha hanno deciso di aumentare gli investimenti in questa tecnologia, non solo per offrire prodotti e servizi più moderni e accattivanti (si legga l’articolo: I 6 trends principali nello sviluppo di tecnologie VR nel 2021) ma anche per pubblicizzare grazie al VR.

Avere dalla propria parte strumenti capaci di influenzare la mente e gli atteggiamenti delle persone potrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione anche per ambiti come il branding, o l’emotional design. Più in generale, le potenzialità immersive potrebbero andare a vantaggio di tutti coloro che, attraverso una narrazione, mirano a ingaggiare e a fidelizzare il cliente.

Il VR è in grado di stimolare le persone da un punto di vista psicologico. Sfruttando la malleabilità del cervello umano e andando a toccare specifici “tasti” (fisico-emozionali), il rischio è quello di privare le persone del libero arbitrio. In quest’ottica, le aziende più tecnologicamente avanzate potrebbero orientare l’opinione pubblica ed esercitare un potere sul nostro corpo senza che noi ce ne rendiamo conto (tutto ciò già avviene, con il VR sarebbe un fenomeno ancora più invasivo).

 

Fonti

Signorelli A. D., 8/7/2019, “Sarà la realtà virtuale a renderci più empatici coi nostri simili?” in Wired.it;

Petrellese G., 9/6/2017, “Realtà virtuale: macchina per l’empatia e strumento di marketing” in Inside Marketing;

“Realtà Virtuale e Aumentata per il marketing” in CarraroLab;

Morini M., 19/1/2020, “L’importanza di non essere un pipistrello” in Ritiri Filosofici.