User Experience e User Interface stanno alla base della progettazione di applicazioni VR, una buona esperienza virtuale è sicuramente frutto di uno studio focalizzato sull’utente. In genere i problemi legati all’uso di applicazioni e dispositivi VR sono connessi soprattutto ad una cattiva progettazione, è per questo che per la creazione di un’applicazione ci sono una serie di passi da seguire e soprattutto c’è la collaborazione di un intero team di lavoro con esperti in diversi settori.

  1. User Interface e User Experience
  2. UI e UX di applicazioni VR
  3. Conclusioni
  4. Fonti

User Interface e User Experience

In questo capitolo vedremo quali sono i principi base per la progettazione di un ambiente virtuale e dei dispositivi ad esso connessi. Vedremo quali sono le caratteristiche fondamentali per costruire un design a misura di utente, parleremo in generale della User Interface e della User Experience e di come queste vengono utilizzate all’interno delle applicazioni VR.

User Centered Design

Con il termine User Centered Design (o progettazione centrata sull’utente) si fa riferimento ad un concetto di sviluppo o ad una filosofia di progettazione che pone al centro del processo di creazione le esigenze, le capacità e i limiti dell’utente.

Donald Norman fu tra i primi a parlare di design antropocentrico (Norman, 1988) sostenendo che questo possa essere la soluzione ai problemi di usabilità degli oggetti quotidiani. L’intuizione di Norman parte appunto dai bisogni, dalle capacità e dai comportamenti umani, tutti elementi fondamentali ai quali viene adattata la progettazione. Progettare in questi termini vuol dire conoscere bene gli esseri umani e i bisogni che lo user centered design deve soddisfare, tenendo in considerazione che spesso le persone non sanno di cosa hanno bisogno e non si accorgono dei problemi che riscontrano nell’uso di determinati oggetti.

Donald Norman, il primo a parlare di User Experience.
Credits: magazine.unibo.it

A seguire le orme di Norman sono stati in tanti ma tra questi spicca il contributo offerto dall’International Standards Organization (ISO), ovvero, un’organizzazione internazionale per la standardizzazione che ha il compito di stabilire norme comuni per la costruzione di manufatti e per le caratteristiche qualitative delle merci, al fine di agevolare gli scambi internazionali di beni e servizi (Treccani.it).

A regolare la standardizzazione dello User Centered Design è la norma ISO 13407:1999 (Human-centred design processes for interactive systems), la quale si occupa della progettazione orientata all’utente di sistemi interattivi, questa è stata però aggiornata nel 2010 e successivamente rivisitata nel 2019 con la norma ISO 9241-210: 2019 (Ergonomics of human-system interaction — Part 210: Human-centred design for interactive systems) nella quale vengono definiti i sei principi fondamentali che stanno alla base della progettazione centrata sull’utente:

  • Il design deve essere costruito comprendendo e studiando gli utenti, l’ambiente che li circonda e i compiti che devono svolgere;
  • Gli utenti non hanno il solo compito di testare un prodotto finito ma devono essere coinvolti durante tutte le fasi, dalla progettazione allo sviluppo;
  • Il coinvolgimento dell’utente in tutte le fasi determinerà l’intero design grazie ai feedback e alle valutazioni in corso d’opera;
  • I feedback in corso d’opera prevedono una rivalutazione del progetto, pertanto il percorso non può essere lineare ma deve necessariamente essere iterativo;
  • L’obiettivo non è solo quello di mirare a semplificare l’usabilità, bensì quello di coinvolgere l’utente finale tenendo conto dell’esperienza che l’utente vive anche a livello emotivo durante l’utilizzo del prodotto;
  • Infine, è importante che il progetto sia gestito da un team composto da esperti in diversi settori come grafici, programmatori ecc.

La norma ISO 9241-210:2019 non specifica delle regole per l’implementazione ma dai principi fondamentali descritti possiamo dedurre delle fasi di progettazione:

  • Specificare il contesto d’uso
    Analizzare il contesto d’uso e gli utenti che dovranno usare il prodotto è il primo passo per una buona progettazione, tra gli strumenti più utilizzati per questa prima fase troviamo le osservazioni sul campo, l’analisi di prodotti già esistenti, interviste e questionari da sottoporre a potenziali utenti;
  • Definire i requisiti
    In questa fase bisogna considerare non solo i requisiti dell’utente con relativi compiti da portare a termine, ma anche i requisiti aziendali che fanno riferimento ad eventuali obiettivi di business;
  • Progettare
    Questa è la fase in cui si inizia a pensare a delle soluzioni progettuali attraverso brainstorming seguito da bozzetti, prototipi a bassa fedeltà e simulazioni fino ad arrivare al prototipo finale;
  •  Valutare
    La fase di valutazione è quella più importante in quanto determinerà se continuare o rivalutare il progetto ritornando ad una delle fasi precedenti, in questa fase è dunque necessario testare il prodotto con l’utente attraverso simulazioni accompagnate da questionari ed osservazione sul campo.

Dunque, progettare a misura di utente richiede impegno e disciplina ma i risultati finali determinano l’efficacia del prodotto, la sua qualità, l’esperienza dell’utente e la soddisfazione del cliente. Altri vantaggi da non trascurare sono quelli economici in quanto risolvere problemi in fase di progettazione è sicuramente meno costoso rispetto a risolverli in fase di produzione.

User Interface (UI)

Ad avere un importante ruolo nello User Centered Design è anche la User interface, ovvero l’interfaccia utente. Che cos’è un’interfaccia? Essa è definita come un ente che agisce da elemento comune, in parte di separazione e in parte di collegamento, tra due o più altri enti (Treccani.it). Nel nostro caso l’interfaccia è ciò che permette l’interazione uomo-macchina, è quell’ente che collega l’utente ad un dispositivo o prodotto.

Jef Raskin nel suo libro The Humane Interface: New Directions for Designing Interactive Systems sostiene che molte persone pensano che il termine User Interface faccia riferimento alla Graphical User Interface di oggi (Interfaccia utente grafica, GUI) completa di finestre e menù, a questo proposito però l’autore fa luce sul fatto che sistemi di controllo vocale non hanno finestre o menù grafici, eppure sono comunque delle interfacce. Per sottolineare, dunque, che cos’è un’interfaccia utente egli scrive:

“The way that you accomplish tasks with a product – what you do and how it responds – that’s the interface”

Jef Raskin

Secondo Raskin l’interfaccia utente racchiude, quindi, il modo in cui svolgiamo dei compiti con un prodotto e come questo risponde all’interazione, è una qualunque cosa che permetta la comunicazione tra due sistemi differenti, perciò non deve necessariamente essere grafica, ma può essere vocale, tattile, ecc. In parole povere l’interfaccia utente racchiude tutti quegli elementi grafici che permettono l’interazione tra l’utente e un dispositivo come, per esempio, pulsanti, icone, menù o in generale tutto ciò che è cliccabile.

Percorso evolutivo dell’interfaccia utente.
Credits: and-italia.it

In genere gli utenti hanno una certa familiarità con questo tipo di elementi, pertanto l’interazione deve soddisfare le aspettative dell’utente attraverso dei feedback.

User Experience (UX)

Nei principi fondamentali della norma ISO 9241-210:2019 abbiamo già parlato di esperienza utente e abbiamo visto quanto questa sia importante anche ai fini dell’usabilità di un prodotto. La User Experience fa riferimento, dunque, ad una serie di emozioni, ricordi e sensazioni che un utente vive mentre interagisce con un prodotto o dispositivo. Il termine fu coniato a metà degli anni Novanta da Donald Norman, egli sosteneva che i termini User Interface e Usability fossero troppo specifici per includere tutti gli aspetti con i quali un utente si imbatte quando si approccia ad un sistema che include l’industria del design, la grafica, l’interazione fisica, l’interfaccia ecc…

Nel 1998 Norman e un suo collega Jakob Nielsen fondarono una società di ricerca e consulenza di User Experience, la Nielsen Norman Group (NN/g). L’intento era quello di fornire una guida affidabile sull’esperienza utente alle organizzazioni leader di tutto il mondo, scopo fondamentale è quello di diffondere la conoscenza della UX grazie alla condivisione dei risultati delle ricerche svolte sul campo. I due pionieri della UX preferiscono analizzare in tempo reale come gli utenti interagiscono con siti web e applicazioni facendo così affidamento su ciò che gli utenti realmente fanno e non su cosa dicono di fare, i risultati di questo tipo di ricerche sono, dunque, più attendibili e aiutano i team di lavoro e i diversi marchi a progettare un’esperienza utente ad hoc.

L’esperto di UX Frank Guo (fondatore della società UX Strategized) in un articolo pubblicato il 24 aprile del 2012 fa luce sulla definizione di esperienza utente individuando quattro elementi principali che ne fanno parte. Sulla stessa scia di Norman, Frank Guo, mette l’accento sul concetto di usabilità spesso confuso con quello che riguarda la UX: la usability, spiega, fa riferimento alla facilità con cui gli utenti riescono a portare a termine i loro compiti previsti, in contrasto la UX fa riferimento agli aspetti piscologici e comportamentali dell’interazione con il prodotto, nel nostro caso si tratta dell’interazione uomo-macchina. A tal proposito Guo infatti scrive:

“UX professionals use the term user experience much more broadly, to cover everything ranging from ease of use to user engagement to visual appeal. User experience better captures all of the psychological and behavioral aspects of users’ interactions with products.”

Frank Guo

Per meglio comprendere l’esperienza utente Frank Guo stila quattro elementi principali della UX:

  • Usabilità (è facile da usare?)
    abbiamo già parlato di usabilità ma è necessario qui evidenziare come secondo l’autore questa sia solo una parte dell’intera esperienza utente;
  • Valore (è utile?)
    cosa spinge un utente ad utilizzare un determinato prodotto? Sicuramente la sua utilità che andrà a soddisfare i bisogni dell’utente, l’autore ricorda inoltre che un prodotto non deve essere necessariamente usabile per essere utile in quanto ci sono molti prodotti che seppur di poco facile utilizzo hanno comunque avuto successo nel mercato;
  • Adottabilità (le persone inizieranno ad usare il prodotto?)
    se un prodotto è di facile utilizzo ed è utile allora le probabilità che gli utenti inizieranno ad usarlo sono elevate e lo sono ancora di più se il prodotto è anche desiderabile;
  • Desiderabilità (è divertente e coinvolgente?)
    questo elemento fa riferimento all’impatto emozionale che un prodotto dà.

Naturalmente il modello di Guo non è l’unico, infatti Peter Morville, esperto in architettura dell’informazione e in UX, in un articolo del 21 giugno 2004 pubblica il suo modello a “nido d’ape”. Anche Morville nel suo modello parla di valore del prodotto, della sua usabilità e di desiderabilità e utilità, ma a differenza di Guo aggiunge degli elementi fondamentali quali:

  • Trovabilità (è semplice trovare quello che serve?)
    la facilità con cui si riesce a trovare ciò di cui si ha bisogno, per esempio, in un sito web è sicuramente un elemento fondamentale per una buona esperienza utente;
  • Accessibilità (è accessibile a tutti?)
    è sicuramente un buon punto di partenza quello di progettare pensando anche a persone con disabilità;
  • Credibilità
    con la fiducia degli utenti la UX sarà ancora più efficace.

Differenza tra UI e UX

Abbiamo parlato di UI e UX, ma qual è la differenza tra questi due ambiti di progettazione? Spesso anche gli addetti ai lavori tendono a confondere i due termini usandoli alcune volte anche come sinonimi e questo è del tutto errato, infatti a livello lavorativo vi sono due figure differenti che si occupano di User Interface e User Experience.

Di cosa si occupa quindi un UX designer? Chi fa UX si occupa di tutta la fase antecedente alla produzione del prodotto o servizio. Lo UX designer deve innanzitutto capire qual è il pubblico di riferimento, capire e ricercare quali sono i problemi che si vogliono risolvere, analizzare la concorrenza e organizzare l’interazione, il tutto tenendo sempre contro del prodotto o servizio che si vuole offrire. Altro compito importante è quello di creare wireframes e prototipi che potranno poi essere tesati sui potenziali utenti, in questa fase è molto importante la collaborazione con sviluppatori, grafici e UI designers.

Di cosa si occupa invece un UI designer? Colui che si occuperà dell’interfaccia dovrà attenersi ai wireframes progettati insieme allo UX designer per svilupparli graficamente in termini di layout e visuals costruendo una certa immagine e personalità del prodotto o servizio.

UX e UI designer fanno dunque parte di un intero team che lavora ai minimi dettagli per raggiungere uno scopo comune che è quello di un’esperienza utente positiva. È possibile immaginare la UI come un sottoinsieme della UX. Saper distinguere correttamente l’interfaccia utente da quella che deve invece essere l’esperienza utente è importante ai fini della progettazione in quanto un’interfaccia grafica bella da vedere non implica necessariamente che l’esperienza di navigazione, nel caso di un sito web o di un’applicazione, sia positiva. UX e UI si completano a vicenda, mentre la UX lavora all’utilità dell’interfaccia la UI si occupa della bellezza dell’interfaccia.

UI e UX di applicazioni VR

Abbiamo fin qui visto come l’interfaccia utente e l’esperienza utente siano molto importanti ai fini della navigabilità di un sito o di un’applicazione o più in generale ai fini dell’usabilità di un prodotto o servizio. Vedremo adesso in maniera più specifica il ruolo che occupano nella progettazione di applicazioni e dispositivi di Realtà Virtuale, analizzando la UX e la UI di hardware e software VR.

Hardware VR

In questo paragrafo analizzeremo quali sono i supporti hardware che consentono di vivere una User Experience il più possibile efficiente per garantire un alto grado di immersione nel mondo virtuale.

Tipi di visori

Nell’articolo visori per la realtà virtuale abbiamo parlato dei diversi tipi di visori sul mercato. Per esperienze fully-immersive è necessario utilizzare dispositivi Head Mounted Display (HMD), letteralmente Schermo montato sulla testa, si tratta di visori dotati di due piccoli monitor che trasmettono immagini particolari dette immagini stereoscopiche, atte a trasmettere tridimensionalità al sistema visivo. Questi sistemi sono, inoltre, dotati di particolari sensori per garantire una visione di 360 gradi in base ai movimenti del capo. Fondamentalmente gli Head Mounted Display si dividono in due grandi categorie:

Visori stand alone

Dal nome si evince che si tratta di dispositivi che non dipendono da altre unità di elaborazione, infatti essi necessitano soltanto di uno smartphone che funge da unità di calcolo, questi supporti sono dotati di una struttura particolare che ha lo scopo di sostenere lo smartphone, il quale viene posizionato davanti alle lenti che ci daranno poi la possibilità di ricevere immagini stereoscopiche, alcuni modelli sono anche dotati di cuffie integrate.
I visori stand alone però presentano dei limiti in termini di potenza di calcolo in quanto si appoggiano ai sistemi di elaborazione degli smartphone, proprio per questo motivo gli sviluppatori devono ricorrere a soluzioni, soprattutto a livello grafico, atte ad alleggerire le applicazioni per una maggiore fluidità.
In termini di gradi di immersione, invece, questi dispositivi non sono i più consigliati in quanto non è possibile interagire con l’ambiente virtuale se non in maniera poco naturale.
Tra i visori stand alone più famosi ricordiamo Google Cardboard, Samsung gear VR e Google daydream.

Google Daydream.
Credits: datamanager.it
Visori connessi a computers

Questi visori al contrario degli stand alone necessitano di un supposto esterno (computer o console) per l’elaborazione dei dati. Al posto delle lenti qui troviamo dei veri e propri schermi posizionati davanti agli occhi che hanno il medesimo compito ovvero quello di trasmettere immagini stereoscopiche, in più questi dispositivi sono dotati di sistemi di localizzazione per tracciare l’utente nello spazio.
Naturalmente appoggiandosi ad unità di controllo esterne i limiti presenti negli stand alone sono drasticamente ridotti, infatti la qualità dell’immagine è nettamente superiore grazie alle unità di elaborazione grafica dedicate.
per quanto riguarda invece il grado di immersione è sicuramente alto grazie anche alla possibilità di collegare dei controller che permettono un’interazione con il mondo virtuale più naturale.
I visori che dipendo da supporti esterni date le prestazioni elevate hanno un costo maggiore rispetto agli stand alone, tra i più conosciuti ricordiamo l’Oculus Rift e HTC Vive.

Oculus.
Credits: windowscentral.com

Controller

Per un’esperienza fully-immersion oltre ai visori giocano un ruolo importante anche i controller. Ad oggi ne esistono di vari tipi ne vedremo soltanto alcuni di ultima generazione tra i più conosciuti:

Controller per le mani

Ne esistono diversi, ognuno con la sua specificità.
I più comuni sono simili a joystick con tecnologia wireless, questi tipi di controller sono progettati per consentire all’utente di interagire con gli oggetti del mondo virtuale che possono essere tra i più svariati, dai ferri chirurgici di una sala operatoria alle armi di un videogioco. Ne sono un esempio gli Oculus Touch i quali si presentano a livello strutturale con dei pulsanti e un’impugnatura maneggevole, sono inoltre dotati di feedback tattili per garantire una buona User Experience.

Credits: medium.com

Alcuni controller per mani si presentano invece come dei veri e propri guanti in grado di rintracciare anche il movimento delle dita simulando quasi perfettamente l’impugnatura degli oggetti virtuali.
Altri modi per controllare le mani si traducono in sistemi che rilevano attraverso appositi sensori le gestualità delle mani, strutturalmente possono presentarsi come particolari bracciali o come dispositivi non indossabili da posizionare su un supporto vicino al raggio di azione delle mani. Questi dispositivi sono in grado di riconoscere e controllare i movimenti delle singole dita attraverso piccoli elettrodi o semplicemente attraverso sensori appositi, ne sono un esempio Leap Motion e Unlimited Hand.

Controller di movimento per il corpo

Controller di questo tipo sono generalmente composti da diverse parti: una pedana dotata di una superficie particolare che consente di far scivolare i piedi simulando i passi che l’utente compie all’interno del mondo virtuale, naturalmente vi sono anche delle scarpe apposite da utilizzare per la fluidità del passo, altro elemento importante è una struttura di sostegno con cintura integrata per proteggere l’utente da eventuali cadute. Un esempio di questa tecnologia è Virtuix Omni.
Anche le tute aptiche sono dei controller di movimento per il corpo che hanno piuttosto lo scopo di ricevere dei feedback tattili aumentando l’esperienza immersiva, si pensi alla percezione di un colpo o alla percezione della temperatura.

Software VR

In questo paragrafo analizzeremo quali sono gli accorgimenti per una buona esperienza utente e per un’interfaccia grafica intuitiva e di facile utilizzo, parleremo di alcuni programmi usati per sviluppare applicazioni VR e dei diversi gradi di immersione.

Programmi usati per sviluppare applicazioni VR

Per la progettazione grafica di applicazioni di Realtà Virtuale esistono svariati programmi come Unreal Engine o CryEngine, ma il più conosciuto in assoluto è Unity utilizzato da molti sviluppatori e da colossi del settore del calibro di Microsoft e Sega Corporation. Il programma è stato sviluppato dalla Unity Technologies e la sua ultima versione è stata rilasciata a settembre 2020. Unity dà la possibilà di usare diversi linguaggi di programmazione quali C, C++, C# e JavaScript, le applicazioni create possono essere fruite su diverse piattaforme come Microsoft Windows, macOS, Nintendo e PlayStation.

Unity è dunque un programma professionale dedicato ad esperti del settore, ma c’è un barlume di speranza per chi è alle primissime armi e vuole addentrarsi in questo mondo. Adobe XD è la soluzione, si tratta di un software di progettazione per la User Experience e la User Interface, grazie al quale è possibile creare un prototipo di Realtà Virtuale utilizzando un plug-in. Di seguito è possibile vedere un piccolo prototipo di applicazione VR.

I sensi coinvolti

Dopo aver visto quali sono i principali controller è ormai chiaro che i sensi coinvolti nel mondo virtuale non possono essere tutti, al momento infatti non esistono dispositivi che possano stimolare anche i sensi del gusto e dell’olfatto.

Vista

Naturalmente il senso più coinvolto è la vista in quanto dominante rispetto agli altri, pertanto sin dai primissimi visori si è sempre cercato di perfezionare il più possibile l’esperienza dell’utente nei confronti di questo senso. Prima di iniziare a progettare un’applicazione VR è importante chiedersi come funziona la vista umana, qual è il campo visivo umano, per quanti gradi di angolazione si estende, quanti fotogrammi al secondo riesce a percepire l‘occhio umano e come viene percepita la profondità. Il campo visivo binoculare umano considerando la massima visione periferica in orizzontale è di circa 170° mentre in verticale è di circa 130°, i visori coprono un capo visivo orizzontale più ristretto di circa 120°, l’obiettivo rimane comunque quello di fornire una visione stereo, inoltre, non dimentichiamoci che stiamo parlando di HMD e questo vuol dire che girando il capo o muovendoci godiamo a prescindere di una vista a 360°.

Quando guardiamo un video stiamo osservando una sequenza di immagini che vengono proiettate con una certa frequenza detta frame rate ed è misurata in hertz (Hz) alle volte è anche espressa in fotogrammi per secondo (FPS). L’occhio umano percepisce una sequenza di immagini come fluida a partire da 15-20 Hz, gli esperti di computer grafica suggeriscono di non scendere al di sotto di questo range in quanto la mancanza di fluidità potrebbe distrarre l’utente abbassando drasticamente la qualità dell’esperienza utente. Generalmente per applicazioni VR gli sviluppatori tendono a tenere altro il numero di frame al secondo spingendosi a 60 Hz o addirittura a 90 Hz per visori più complessi, un’esperienza molto fluida previene eventuali problemi che si potrebbero presentare come fastidi dovuti appunto ad un ritorno visivo poco naturale.

Come si può notare sotto dei 20fps l’immagine si percepisce a scatti e non sono visibili i confini del cerchio.
Credits: gfucat.com
Udito

Anche se la vista è il senso dominante il ruolo dell’udito è altrettanto fondamentale per un’esperienza sufficientemente immersiva, anche qui i dispositivi offrono suoni stereo che permettono di avere la sensazione di ascoltare suoni provenienti da diverse direzioni e da diverse distanze, si parla a tal proposito di 3D audio.

Credits: darkspace-blogspot.com
Tatto

per quanto riguarda il senso del tatto, nella storia della progettazione di dispositivi e software di Realtà Virtuale, questo è stato una vera e propria sfida per gli sviluppatori. Il primissimo dispositivo atto a stimolare il senso del tatto risale al 1985 con il Data Glove, un vero e proprio guanto collegato ad una serie di cavi. Oggi la tecnologia è avanzata e questi tipi di accessori non sono più molto ingombranti come un tempo ma questo non vuol dire che i limiti del movimento sono stati superati. Indossare una tuta aptica o guanti di ultima generazione aiuta ad aumentare il grado di immersione ma i movimenti risultano ancora per certi versi limitati.

Nei successivi paragrafi entreremo nel dettaglio di alcune tecniche di progettazione di ambienti virtuali, vedremo quanto sono importanti i feedback sensoriali e quali tecniche si usano in base all’interfaccia che bisogna progettare, sia essa grafica o audio.

Interfaccia grafica

Progettare scenari di Realtà Virtuale totalmente immersivi è ancora oggi una sfida aperta, la motion sickness è forse uno dei problemi più rilevanti della progettazione, si tratta di un malessere dovuto alla percezione visiva di movimenti virtuali senza un ritorno fisico. Questo malessere è generalmente causato da un utilizzo prolungato di questo tipo di dispositivi ed è caratterizzato da sintomi quali nausea, vomito, mal di testa e vertigini. Usare piccoli accorgimenti può diminuire il rischio che questo tipo di fenomeno si verifichi.

I parametri principali da tenere in considerazione per evitare problemi di sickness sono il frame rate e la latenza, abbiamo già parlato del frame rate nel paragrafo precedente e abbiamo visto che è sempre consigliato aumentare il numero di frame al secondo per garantire una certa fluidità nella visione del mondo virtuale. Adottare un frame rate al di sotto di 20 Hz significa dover avvertire un costante tremolio dell’immagine ed è proprio questo che crea confusione. Nel campo della progettazione VR la latenza, invece, fa riferimento a quei millisecondi che intercorrono tra il movimento dell’utente e il movimento dell’immagine proiettata nel visore, parte della latenza dipende dalla velocità di trasmissione dei sensori di movimento. Il grado di sensibilità alla latenza è strettamente individuale ma generalmente gli sviluppatori non superano i 15ms.

In termini di grafica nell’ambiente virtuale i piccoli dettagli contano, è importante che l’utente possa interagire con tutti gli oggetti dell’ambiente, ogni spazio visibile deve essere visitabile, pertanto l’esplorazione deve essere appunto a 360°. La User Interface gioca un ruolo fondamentale che sarà determinante ai fini della UX, la rappresentazione degli oggetti deve essere il più possibile fedele alla realtà, infatti, gli oggetti lontani devono essere sfuocati e tendenti verso i toni del blu per dare il giusto senso di profondità e distanza. In un ambiente virtuale è facile perdere l’orientamento, a tal proposito è consigliato utilizzare dei punti di riferimento come una linea di orizzonte o dei semplici oggetti statici.

In questa immagine è possibile notare come le illustrazioni in secondo piano siano poco dettagliati rispetto a quelli in primo piano.
Credits: edmondo.indire.it

Per quanto riguarda invece la rappresentazione di elementi di navigazione come menù o pulsanti è importante che questi siano posizionati a distanza di almeno 1 o 2 metri dall’utente fino ad arrivare ad un massimo di 5 metri, usare un design curvo con un’ampiezza della finestra di visualizzazione ridotta rispetto al campo visivo dell’utente consente di vedere gli elementi equidistanti senza dover spostare il capo in continuazione per avere la visione totale della finestra di navigazione. A tal proposito gli sviluppatori evitano di usare molti testi scritti puntando ad un maggiore utilizzo di icone e immagini alleggerendo così l’intera esperienza utente, bisogna inoltre stare attenti alla luminosità di questi elementi cercando di creare il giusto contrasto per non affaticare la vista.

L’interfaccia deve essere progettata pensando all’utente e questo mette in campo tutta una serie di variabili, prima fra tutte l’altezza. L’intero ambiente deve essere progettato in modo che si possa facilmente adattare all’altezza dell’utente in quanto un utente più alto avrà sicuramente un punto di vista diverso da un utente più basso. Deve essere inoltre possibile regolare la messa a fuoco degli schermi posizionati sugli occhi in quanto utenti con problemi di vista non possono indossare gli occhiali sotto i visori.

Interfaccia audio

Ascoltare i suoni dell’ambiente virtuale non solo aumenta il grado di immersione ma aiuta anche ad orientarsi e ad essere guidati nell’esplorazione. Ciò che non può essere visto spesso può essere udito, si pensi a quanto l’udito possa aiutare ad orientarsi e a capire cosa ci circonda. Come abbiamo già detto l’interfaccia audio è appositamente studiata per la percezione di suoni a diverse distanze e da diverse direzioni, la possibilità di udire quello che ci circonda ci permette di ridurre i movimenti del capo, si pensi ad un videogioco di guerra, senza audio dovremmo girarci anche quando non è necessario per guardarci le spalle.

Grazie all’interfaccia audio è possibile guidare l’esplorazione dell’utente, attirare l’attenzione verso alcuni luoghi senza dover necessariamente utilizzare finestre di comunicazione o simili aiuterà sicuramente ad ottimizzare l’esperienza utente.

Interazione gesti e immersività

Il grado di immersione all’interno del mondo virtuale è strettamente legato alla naturalezza con cui l’esperienza viene vissuta. I dispositivi hardware di certo non aiutano in questo in quanto possono essere ingombranti e a volte potrebbero anche risultare pesanti, ciò sicuramente non consente un’immersione totale. Il punto forte del grado di immersione si sposta dunque su tutto ciò che riguarda la parte software, il giusto design e la giusta grafica possono determinare la naturalezza dell’ambiente. Se correttamente progettate e sviluppate, le interfacce posso svolgere un ruolo determinante in termini di immersività, è importante che l’utente a seguito di un’azione capisca attraverso dei feedback se questa sia realmente stata effettuata o meno.

Un feedback può essere dato da colori, movimenti e suoni, prendiamo in esempio la progettazione di un pulsante generico: la sua grafica è caratterizzata da cambiamenti di stato, una prima condizione è quello inziale nella quale il pulsante non è ancora stato attivato, esso si presenta con i colori scelti per la grafica e non emette alcun suono o movimento; la seconda condizione è quella di interazione, in questa fase le soluzioni sono diverse ma nella maggior parte dei casi sono comunque utilizzati suoni e movimenti (per esempio un cerchio che appare nel punto di contatto); infine per lo stato di attivazione si ha un cambiamento di colore del bottone e un suono associato che indica appunto l’attivazione. In questo modo è semplice per l’utente comprendere se quell’azione da lui svolta è stata portata a termine in maniera corretta.

In campo VR a tal proposito si parla di senso di presenza, l’utente deve sentirsi presente oltre che mentalmente anche fisicamente all’interno dell’ambiente virtuale. Per aumentare il senso di presenza gli sviluppatori e i grafici inseriscono solo alcune parti del corpo, come le mani, in quanto possono essere gestite più semplicemente, sarà il cervello umano ad immaginare e ricostruire il resto del corpo. Un elevato senso di presenza è determinato anche dalla libertà che viene data all’utente nell’esplorazione e nelle azioni che svolge. Abbiamo parlato di esplorazione guidata attraverso l’audio ma questa è utile nel momento in cui l’utente non sa come muoversi nello spazio virtuale, è sempre bene lasciare scelta di azione all’utente in quanto costringerlo a spostamenti senza il suo volere verrebbe meno il senso di presenza e potrebbero verificarsi episodi di sickness.

Credits: mosaicoelearning.it

Conclusioni

Progettare applicazioni VR richiede la conoscenza di diversi campi di studio, proprio per questo dietro la progettazione c’è sempre un intero team di lavoro che comprende UX e UI designer, grafici, ingegneri, psicologi, programmatori ecc. Il fine ultimo della progettazione è quello di creare un applicativo il più possibile simile alla realtà per trasportare in pochi attimi l’utente in un altro mondo. Una riproduzione fedele del mondo reale ha, dunque, a che fare con:

  • la sfera fisica-sensoriale (vista udito e tatto);
  • sfera psicologica (che fa riferimento al grado di riproduzione di tutte quelle situazioni della vita reale che suscitano emozioni);
  • sfera funzionale (in riferimento alla naturalezza dell’interazione).

Ai fini della progettazione è fondamentale sperimentare e testare sempre il prodotto per limitare il più possibile problemi di sickness o in generale problemi dovuti all’adattabilità nei diversi utenti.

Abbiamo visto negli articoli pubblicati la vastità degli ambiti in cui la VR viene sfruttata, abbiamo visto quanto possa essere utile soprattutto in campo medico, ma la tecnologia cerca sempre di progredire e di uniformarsi ai fruitori, soprattutto quando questa può rivelarsi un mezzo utile e innovativo per la cura della persona. In virtù di quanto detto vene da chiedersi: in che direzione stiamo andando? Sarà la strada giusta per l’umanità? E ancora, in futuro sarà la tecnologia ad essere progettata pensando all’utente o saremo noi ad adattarci alle nuove invenzioni? Fino a che punto si spingerà ancora l’avanzamento di questa tecnologia? Arriveremo ad un punto tale da non riuscire a distinguere il reale dal fittizio? Tutte domande la cui risposta ci sarà data solo tempo.

Fonti

D.Norman, The Design of Everyday Things (1988), trad. it. la caffettiera del masochista: design degli oggetti quotidiani, Giunti, Firenze, 2019.

Treccani.it – Definizione di ISO

Treccani.it – Definizione di Interfaccia

ionos.it – Digital Guide Ionos, User-Centered Design: sviluppare prodotti di successo in collaborazione con gli utenti, 6 dicembre 2019.

iso.org – ISO 9241-210:2010 Ergonomics of human-system interaction — Part 210: Human-centred design for interactive systems.

nngroup.com – About Nielsen Norman group.

uxmatters.com – Frank Guo, More Than Usability: The Four Elements of User Experience, 24 aprile 2012.

semanticstudious.com – Peter Morville, User Experience Design, 21 Giugno 2004.

prototypr.io – Amy Smith, A Full Guide on the Differences Between UI and UX Design, 16 aprile 2019

Maurizio Marseguerra, User experience di un’applicazione di Realtà Virtuale, tesi di laurea magistrale in ingegneria informatica, Politecnico di Torino, 2017, relatore Maurizio Morisio.

Mattia Balzani, Sviluppo e progettazione di applicazioni di realtà virtuale per Google Cardboard e piattaforme Google VR, tesi di laurea in ingegneria informatica, Alma mater studiorum – Università di Bologna, 2017, relatore Alessandro Ricci.